black-out

ANTONIO VOLPI

Una vita da copertina, una moglie ad alto livello e un’amante ventenne che scopa divinamente. La passione appagata per le macchine sportive. Una grande villa sul lago, con un giardino ben curato, i mobili laccati, quadri informali di un certo valore e antichi tappeti orientali autentici con tanto di garanzia. Un lussuoso appartamento a Roma, due a Venezia, una casetta a Portofino e un pied a terre sui Navigli dove porta la ventenne di cui sopra. Un’invidiabile liquidità nascosta in tre diversi paradisi fiscali. Vestiti rigorosamente firmati e il vezzo di indossare un borsalino leggermente inclinato sul davanti, effetto Humphrey Bogart, che ogni tanto solleva col pollice e l’indice della mano destra, prima di aprirsi in un sorriso sprezzante da elargire a beneficio del malcapitato di turno. Qualche volta mastica una gomma, però non fuma.

Antonio Volpi, consulente globale, New Solutions srl, con sede a Lugano.

Fortunatamente il lavoro e le donne gli lasciano pochissimo  tempo libero: non saprebbe che cazzo fare.
Il primo sabato di ogni mese va a trovare il suo vecchio a Villa Clemente. Ascolta in silenzio lunghe tiritere, antologie di vecchi discorsi che ormai conosce a memoria. È un calvario di tre ore, una passeggiata nel parco e una cena frugale da consumare su un tavolo di plastica, con delle posate di plastica, respirando aria di plastica. Sorrisi di circostanza riflessi da un pavimento in linoleum lucidato ossessivamente dalle ragazze rumene di una cooperativa locale.
«Quando ci vediamo?» chiede il vecchio, quando intuisce che la pazienza del figlio ha raggiunto il limite.
«Tra un mese» risponde serafico Antonio, rassicurandolo con un’espressione mite e dolciastra. «Un mese vola via… »
Quindi si china verso di lui e lo bacia sulla guancia meno ruvida. Prende la giacca e si incammina verso l’uscita, felice che un mese, tutto sommato, sia lungo da passare.
Da qualche tempo, però, il vecchio gli propone una variazione sul tema.
«Aspetta! Aspetta!» urla, urtando una sedia di plastica.
«Che c’è?» sbuffa Antonio, prima di tornare indietro.
«Abbracciamoci…»
Antonio esegue, senza entusiasmo. Apre le braccia al padre e lascia ciondolare i suoi quarantatré anni per cinque secondi esatti.
«Maledetta naturopatia… » pensa mentre stringe fiaccamente le spalle del padre. «Da quando segue questo corso, ogni volta è la stessa storia.»

Cercate il contatto fisico, abbracciate i vostri cari, lasciatevi ammantare dal vissuto di chi vi vuole bene, sarete più propensi all’amore e al perdono.

Antonio, quando abbraccia suo padre sente soltanto un odore forte e fastidioso che purtroppo non è riconducibile soltanto al pannolone. È un odore di morte. È un maledetto odore che fatica ad andarsene.
Ogni volta che abbraccia suo padre, la sera rimane a casa. Si fa una lunga doccia. Si infila a letto e apre “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di Philip Dick.
Comincia da pagina 37 e legge fino a pagina 43. Chissà perché.
  
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Roberto Cavalli - Copyright 2012